Favola Tamberi, oro mondiale nel salto in alto
A Portland capolavoro con protagonista il ventiquattrenne marchigiano di Civitanova, tesserato per le Fiamme Gialle. E’ la sesta medaglia d’oro italiana nella storia della manifestazione.
Gianmarco Tamberi è campione del Mondo di salto in alto. A Portland (Usa) una delle più belle imprese azzurre di sempre. Un autentico capolavoro con protagonista il ventiquattrenne marchigiano di Civitanova, tesserato per le Fiamme Gialle, che ha festeggiato avvolto nella bandiera tricolore. E’ la sesta medaglia d’oro italiana nella storia della manifestazione, l’ultima era stata quella vinta da Paolo Camossi nel triplo a Lisbona 2001. A livello assoluto, ovvero tra indoor e outdoor, l’ultimo titolo iridato apparteneva a Giuseppe Gibilisco nell’asta ai Mondiali di Parigi 2003.
Ecco il racconto di Fidal.it sulla gara entrata nella storia: Si comincia a 2,20, e Tamberi, insieme all’altro azzurro in gara, Marco Fassinotti, comincia subito con un errore, un peccato che di solito non viene perdonato nella specialità delle asticelle. Entrambi risolvono alla seconda prova, e alla quota successiva, a 2,25, Tamberi non ha incertezze, anche se il suo salto non ha la dovuta pulizia (Fassinotti spende ancora un tentativo prima dell’OK). In classifica si insegue, gli avversari, soprattutto Mutaz Barshim (Qatar) ed Erik Kynard (USA) viaggiano senza problemi apparenti. A 2,29 scende la notte: Fassinotti si arrende, e chiude il suo Mondiale (nono con 2,25). Tamberi mette insieme due errori prima della riscossa. Fly or die, dice e scrive spesso l’azzurro. Ed è così che si sente, quando si appresta alla rincorsa. Con le spalle al muro, sceglie la via di fuga migliore, il volo al di là dell’asticella, per spazzare via ogni dubbio. Al terzo salto, la barra trema a lungo, ma resta sui ritti, e Gimbo esplode nel primo dei suoi urli. E’ settimo, in piena rimonta.
Si passa a 2,33, nel pieno dello “scalone” previsto da una progressione di gara ai limiti del sovrumano. Ed è ancora buio. Il britannico Grabarz, il compagno di allenamenti di Fassinotti, reduce da due anni di problemi fisici, estrae il coniglio dal cilindro, superando la misura al primo tentativo e balzando in testa. Gli altri accumulano errori, a parte Kynard, che ce la fa al secondo salto. Tamberi sbaglia per due volte, ma alla terza, ancora una volta, fly or die, è di là sui sacconi, con l’asticella che trema e resta su. L’azzurro esplode ancora in un urlo, il secondo, perché è di fatto entrato nel giro-medaglie. Mutaz Barshim, nella seconda prova a 2,33, accusa un problema muscolare, e sembra sul punto di ritirarsi (cosa che invece non avverrà). Si va a 2,36, e qui arriva il momento cinematografico: Tamberi, al primo tentativo a disposizione, corre con rabbia, determinazione, furore agonistico, centra finalmente il piazzamento di fronte ai ritti, e vola, vola al di là, in un gesto di bellezza straordinaria. E’ il decimo salto dell’italiano nella serata, ed è anche la fine, per il momento solo sostanziale, della gara. Grabarz, Kynard, e per una sola volta (con il tentativo residuo rimasto) Barshim, non riescono nell’impresa di agguantare il fuggitivo. E’ Italian night, Tamberi si laurea campione del mondo, fa un bel regalo nella festa del papà a babbo-coach Marco, ma non sembra volersi fermare. Ha un desiderio da esaudire. Chiede i 2,40, la misura che sta cercando con forza dall’inizio dell’anno (cinque vittoria in altrettante gare, tra il Moravia Tour, gli Assoluti e il Mondiale). Sarà l’unico sfizio della serata che non riuscirà a togliersi.
“Vincere un campionato del mondo in questo modo è fantastico: ho sempre sognato di impormi in una gara così, tanto difficile, tirando fuori tutto quello che ho” ha detto Tamberi a La Gazzetta dello Sport. “Nel riscaldamento mi sentivo bene, ero tranquillo e rilassato, concentrato sull’obiettivo, anche se l’ultimo allenamento non era andato a meraviglia. Ma appena sono sceso in gara, ho spinto più del necessario e la rincorsa si è ‘sballata’. Mi trovavo sempre sotto i ritti, non riuscivo a entrare. Uscire da quella situazione è stato molto impegnativo. Le tante esperienze di questi anni mi hanno aiutato. Quando è scattata la molla? Alla terza prova a 2.33: il salto, tecnicamente, è stato osceno. Ma è subentrata un’adrenalina e una cattiveria che mi hanno fatto capire che sarei potuto andare oltre. A 2.36 sapevo di avere un’enorme chance. Farlo subito, senza farsi prendere dal panico, è stato fondamentale. Il mio obiettivo resta Rio, voglio rimanere concentrato su quel che sto facendo. Questi sono tutti passaggi verso l’Olimpiade”.