Il parroco podista è tornato a stupire
Don Vincenzo Puccio, prete della chiesa di Santa Margherita, è ritornato a gareggiare nel febbraio scorso, alla Roma-Ostia, dopo 17 lunghissimi anni di stop. Attualmente tesserato per l’Atletica Bagheria ed allenato da Tommaso Ticali, non smette di lanciare il suo messaggio: “Per me la corsa è quel talento di Dio da trasmettere ai giovani per condurli alla santità”.
Coniuga la passione per lo sport più nobile di tutti, l’atletica, con la vocazione per Dio. E’ la storia di Don Vincenzo Puccio, classe 1974, attualmente tesserato per l’Atletica Bagheria. Il prete della chiesa di Santa Margherita è tornato a gareggiare nel febbraio scorso, alla Roma-Ostia, dopo 17 lunghissimi anni di stop. “Ho ricominciato convinto dall’amico Francesco De Luca. Tutti mi parlavano di Massimo Lisitano e di quanto fosse forte. Con lui ho stretto subito amicizia. Nella Capitale, con due soli mesi di allenamenti alle spalle, ho concluso la mezza maratona in 1h e 15’”.
Rotto il ghiaccio, gli appuntamenti agonistici si sono nuovamente susseguiti: “In alcune occasioni ho pagato una partenza sprint, vedi a Rometta o Scaletta, ma a Fiumefreddo, nella “Corri per l’Autismo”, sono riuscito ad arrivare davanti a tutti”. Nelle prove del Grand Prix Provinciale si è imposto a Sinagra ed Alì. “L’obiettivo che mi sono posto – afferma – era quello di tornare ad essere tra i primi a Messina, non per competizione ma per riprendermi quello che avevo perso”.
Puccio e l’atletica: nonostante gli impegni ecclesiastici don Vincenzo ha ripreso quotidianamente ad allenarsi per coltivare quella passione che lo ha colto fin da bambino. Il suo idolo ? Totò Antibo. “Ho cominciato ai tempi delle scuole medie, all’età di 11-12 anni, quando il professore di educazione fisica preparò i suoi studenti per una corsa campestre. Io non avevo mai gareggiato prima di allora, ma con tre giorni di allenamento riuscii comunque a piazzarmi terzo, grazie ad un allungo decisivo negli ultimi 500 metri. Da lì ho iniziato ad allenarmi sul serio, correndo tra i boschi, aggiudicandomi una gara in pista a Trapani di 2.000 metri. Fino ai 13 anni ho corso gli 800 in 2’ 01” e i 1.500 in 4’ 08””.
I primi intoppi si presentano per via di un brutto infortunio che lo costringe a fermarsi. “In una gara regionale disputata a Palermo ho accusato un problema alla schiena, dovendo fare i conti con un’ernia del disco, per la quale si sono rese necessarie le cure ospedaliere. A 19 anni sono partito militare, riprendendo a correre a Ramacca, dove sono giunto primo in una gara su strada. C’era in me tanta voglia di far bene dopo lo stop forzato”.
Il top in gara lo raggiunge a 20 anni: “A quell’epoca andavo davvero forte. Mi chiamarono al Gruppo Sportivo di Palermo dopo avere corso i 1.500 in 3’51” e i 3.000 metri in 8’ 16”. Nel 1993 giunsi inoltre primo ai campionati italiani militari di Firenze”. Insieme al fratello Giuseppe, più piccolo di un anno, ha quindi lasciato il suo piccolo paese Vita (TP) per trasferirsi a Bagheria, allo scopo di farsi seguire direttamente dal professore Tommaso Ticali. “E’ un allenatore molto bravo che si è sempre occupato dei migliori. Dopo un po’, però, ebbi il desiderio di diventare sacerdote. Pensando alla vocazione ed entrando in seminario, persi la possibilità di partecipare al campionato di corsa campestre svoltosi a Boston”.
“Un uomo a cui Dio ha donato un grande talento capace di renderlo anche un sacerdote che fa dello sport il mezzo attraverso cui dire ai giovani che per raggiungere Dio è necessario imparare a correre verso di Lui. Un giorno – dice Ticali – mi comunicò di avere ricevuto la vocazione ed il suo desiderio fu subito quello di frequentare il seminario e farsi prete. Dopo diciassette anni mi richiamò e mi comunicò di voler riprendere il percorso interrotto. Da quel momento ha ripreso ad allenarsi con la stessa determinazione di quando era più giovane”. Per Vincenzo Puccio “lo sport è sinonimo di salute, aggregazione, amicizia e temperanza, aiuta ad ossigenare la mente”. Alla Roma-Ostia, gara del suo ritorno, indossava un pettorale con su scritto il messaggio che meglio lo identifica: “Per me la corsa è quel talento di Dio da trasmettere ai giovani per condurli alla santità”.